Il dono nelle donazioni, L’intervista a Giovanni Spitale

Pubblichiamo questo breve inserto che riporta l’intervista a Giovanni Spitale, in occasione della pubblicazione della sua prima opera “Il dono nelle donazioni“, buona lettura.

  • Ci ritroviamo a parlare di donazioni con te a distanza di un anno dal precedente articolo dedicato alla campagna di sensibilizzazione “Climb for Life” per Admo. Cosa è cambiato da allora?

Direi che è cambiato molto, ed al contempo molto poco: mi sono finalmente laureato in scienze filosofiche, ho iniziato a lavorare in una scuola (il che mi riempie di soddisfazione), ho pubblicato un libro. Nonostante tutto questo continuo a vivere a braccetto con la mia malattia, l’aplasia midollare idiopatica, e continuo a spendermi per spiegare alle persone l’importanza delle donazioni anatomiche (sangue, organi, midollo osseo), cercando di fornire a chiunque gli strumenti per fare una scelta consapevole sull’argomento. Faccio esattamente quello che voglio fare, sempre meglio di ieri e peggio di domani.

  • Ti sei scoperto autore e ne è prova il tuo libro, tratto dalla tua Tesi di Laurea in Filosofia. Ci descrivi brevemente il percorso che ti ha portato ad avere finalmente in mano il tuo scritto?

In realtà la tesi di laurea è in scienze filosofiche. Sono laureato anche in filosofia: a suo tempo scrissi una tesi sul rapporto tra uomo e macchina, e la scrissi in ospedale, durante il ricovero, mentre il mio corpo era continuamente collegato alle macchine.
Diciamo che sono sempre stato convinto che la filosofia debba servire a qualcosa, e nella fattispecie a migliorare la vita delle persone. Ho scelto di occuparmi di bioetica per due motivi: perché è un campo in cui la filosofia ha molto da dare, e perché la mia storia di vita si lega molto strettamente alla bioetica dei trapianti. Il libro ha due radici, e quindi un doppio spirito; quello personale, soggettivo ed emotivo, e quello accademico, razionale, oggettivo. Quando ho iniziato a scrivere ho subito capito che non avrei potuto fare altro.

  • Leggiamo con piacere che la prefazione è a cura di Erri De Luca, noto autore contemporaneo legato come te agli elementi della natura, alla calma degli spazi e all’attenzione ai dettagli. Come è nata questa amicizia e quanto sei stato influenzato nella realizzazione del tuo libro?

Conosco Erri da anni, ci siamo incontrati per merito di un comune amico, Pietro Dal Prà. Abbiamo realizzato assieme il primissimo volantino di Climb For Life. Poi Erri ha deciso di dedicarsi all’argomento delle donazioni con il libro-film “il turno di notte lo fanno le stelle”, scritto (ovviamente) da lui e diretto da Edoardo Ponti. Io ho avuto una piccola parte nella realizzazione del tutto, e nel documentario “conversazioni all’aria aperta”, allegato al film, dialogo con Erri sull’argomento. Quando ho iniziato a ragionare sulla prefazione del mio libro non avrei potuto pensare ad altri che a lui: è stato proprio lui a farmi nascere l’interesse per il confronto con la Scrittura, approcciata molto laicamente (io non sono nemmeno battezzato), riguardo al dono; tale confronto è uno dei due pilastri del capitolo conclusivo del mio volume. Erri ha fatto proprio un gran lavoro: un dono che non potrò mai ricambiare.

  • Il concetto di donazione si lega benissimo alla tua storia personale, quanto di te è presente nel libro e in che forma lo hai voluto esprimere?

Ogni pagina contiene almeno qualcosa di chi la scrive, o quantomeno credo che si dovrebbe scrivere in questo modo, con vera passione. In questo libro ci sono due cose di me: il mio sapere sui come del dono, ed il mio sapere sui suoi perché. Conoscere per capire, capire per scegliere. Scegliere per essere padroni della propria vita: questo è ciò che insegno ai miei ragazzi, a scuola, e questa è l’idea che ha guidato tutto il lavoro: produrre uno strumento che mettesse le persone in condizione di fare una scelta consapevole e responsabile su una cosa importante. Quindi forse, a ben vedere, ci sono tre cose, di me, nel libro.

  • Qual è il valore più importante che dovrebbe essere alla base di un gesto di donazione, specialmente da una prospettiva bioetica?

Un dono, per essere davvero tale, deve avere due caratteristiche: costruire relazioni ed essere gratuito, nel senso che non deve essere uno strumento per proiettare le intenzioni del donatore sul ricevente. Se manca la prima caratteristica siamo di fronte ad un dono che parla di solitudine, se manca la seconda siamo di fronte ad un dono avvelenato, un dono che si fa per ottenere qualcosa, un non dono. Le donazioni anatomiche sono una figata (che non è un tecnicismo, ma rende l’idea del mio entusiasmo per il tema) proprio per questo: perché sono anonime ma costruiscono relazioni, tra l’umanità e la generosità di chi dona, che sono le sole cose note a chi riceve, e l’umanità ed il bisogno di chi riceve, le sole cose note a chi dona. E le sole importanti, aggiungerei: sesso, razza, religione, fede politica passano, come è giusto che sia, in secondo piano, in questa relazione salvifica da persona a persona.

  • Il tuo viaggio alla ricerca di un donatore compatibile immagino stia procedendo, cosa ti aspetti dal futuro?

Di non morire. Di riuscire a rendermi ancora utile a tutte le persone che aspettano un dono per sopravvivere. Di lasciare il mondo (il più tardi possibile) meglio di come l’ho trovato.

  • Le ultime righe di questa intervista sono dedicate al tuo libero pensiero, da rivolgere a chi ti sta leggendo…

Il mio non è un libro fondamentale. Quelli sono davvero pochi, e sono altri: Il piccolo principe, Cent’anni di solitudine, l’Odissea per dirne tre. Però questo è un libro importante, proprio perché è il punto di partenza per fare una scelta che riguarda noi ed il nostro corpo.

Ogni scelta, poi, non è mai una semplice decisione tar cose diverse: è una affermazione di noi stessi, dei nostri valori, delle cose in cui crediamo. Decidere di fare la differenziata, per esempio, vuol dire anche affermare di credere nell’ambiente e nella sua conservazione come un valore. Decidere di donare vuol dire riconoscere la vita degli altri come un valore, e poiché noi siamo l’altro dell’altro, riconoscere come un valore la nostra.

Voglio cogliere l’occasione di questa intervista per ringraziare Angela Bonato, che ha disegnato la stupenda copertina del volume, il mio editore, Il Poligrafo, per aver creduto in questa pubblicazione, e le associazioni che mi hanno sostenuto nel realizzarla: ADMO Vicenza, Belluno, Trento e Bolzano, AIDO Belluno, AVIS Vittorio Veneto.

Per chi avrà la pazienza di leggere il libro “Il dono nelle donazioni”, avrà una piacevole sorpresa: la bellissima prefazione di Erri De Luca.

Nessuna civiltà umana ha ignorato la pratica del dono, atto di offerta senza tornaconto. Giovanni Spitale ha conosciuto per disavventura la necessità di attenderne esattamente uno, esclusivamente suo, da un donatore sconosciuto. Gli occorre un trapianto di midollo osseo. La compatibilità è assai rara, il tempo nel suo caso è un frattempo. Lui lo impiega nell’approfondimento del misterioso accidente del dono.

Da questo bisogno e da questa attesa provengono le competenze chiuse in queste pagine.

Scrive un trattato sul dono da corpo a corpo, sulla storia fisica di questo soccorso. Ne leggo le origini, le applicazioni, le leggi che hanno provato a regolarne le funzioni. Giovanni Spitale da anni va in giro a raccontare in cosa consiste l’offerta di midollo osseo, un prelievo di sangue un po’ più laborioso, senza nessun pericolo per chi sceglie di iscriversi alla lista di chi può salvare una vita così.

Con il racconto della sua vicenda quella lista è cresciuta, in molti hanno saputo per la prima volta come sia a portata di mano una resurrezione. Queste notizie le aggiungo io, che conosco Giovanni Spitale da diversi anni. In queste pagine ci sta piuttosto il suo studio sulla vasta materia da lui perlustrata in ogni aspetto.

Nella premessa scrive di avere imparato la filosofia del dono con un piede per terra, non in astratto, ma con fondamento. L’altro piede però si solleva, e i due insieme in movimento producono un cammino e un’andatura. Così da lettore riesco a visitare le molteplici forme di questa magnifica specialità della civiltà umana.

C’è posto anche per un riepilogo storico dall’offerta di ospitalità, fino al sacrificio di sé. Emerge dall’insieme una economia del dono che rompe la partita doppia dare/avere e introduce la variabile indipendente del gratuito. Il gratis sfugge al PIL, alle statistiche, al contatore, producendo la più pulita delle energie rinnovabili.

Un giorno mi è capitato di sbattere contro un verso prodigioso della Scrittura Sacra.
Rigo 1, capitolo 11, Kohelet/Ecclesiaste: «Manda il tuo pane sopra i volti delle acque, che in molti giorni lo ritroverai».

Riconosco in questo verso la perfetta forma del dono: manda il tuo pane, offri quello che ti nutre, il sostegno, quello che è tutt’uno col tuo corpo; proprio quello mandalo, senza sapere a chi, affidandolo ai volti delle acque, alla corrente. Sia l’offerta doppiamente segreta: anonima e senza sapere a chi.

In molti giorni lo ritroverai»: questo singolo dono ritornerà accresciuto immensamente, molte volte, in molti giorni. Non è rimborso, non è investimento, non è cometa con ciclo programmato di ritorno. È spargimento, è manna, non riguarda più un destinatario, è sciame che irradia, impollina, feconda.

Suo fatturato non censibile è la gratitudine che suscita e resuscita le fibre più profonde della specie umana.

Erri De Luca

 

Il il dono nelle donazioni – L’intervista a Giovanni Spitale