Mondi paralleli


Vorrei approfittare del social e fare coming out definitivo per sensibilizzare e portare un minimo di chiarezza a chi non conosce l’argomento.
Spero di non cadere nel pietoso e che molti abbiano la pazienza di leggere fino in fondo.

Mondi paralleliPerchè il titolo Mondi Paralleli?
Chi ha visto il film Sliding Doors, sa di cosa si tratta, al confine tra scienza e fantascienza, la possibilità che esistano altre dimensioni dove infinite “copie” di noi stessi conducono vite diverse da quella che conduciamo su questa, a seconda delle scelte che prendiamo. Spiegazione grossolana, giusto per dare un’idea.

Ho scoperto in questo ultimo anno e mezzo che esistono, quì, persone che vivono coscientemente in mondi paralleli. Sono i malati cronici. Nello specifico faccio riferimento ai dializzati, ma vale per ogni tipologia sostituendo il tipo di terapia.

Innanzitutto cos’è la dialisi: è una terapia artificiale sostitutiva della funzione renale. Negli ultimi anni sono stati fatti enormi progressi sulla diagnosi, comunque le cause delle nefropatie (malattie dei reni) spesso sono sconosciute o quasi, non a caso molte sono inserite nelle cosiddette “malattie rare”, e sono patologie asintomatiche, quasi sempre quando ci si accorge è troppo tardi, non solo, sono molto difficili da curare perchè ogni soggetto reagisce alle terapie in modo diverso.
I dializzati vivono in mondi separati saltando da uno all’altro un giorno sì e uno no, spesso più volte nello stesso giorno. Vi racconto solo alcune delle dimensioni tra le quali si muovono. Il primo dei mondi paralleli, divide chi è entrato in dialisi all’improvviso, con grande spavento, e chi dopo periodi di malattia più o meno lunghi, talvolta già affaticati. Avere la vita condizionata ad una macchina e andare obbligatoriamente in ospedale un giorno sì e uno no, sono già motivi validi per un serio impatto psicologico negativo per chiunque. Il secondo dei mondi paralleli, divide chi ha accettato la malattia e bene o male ci convive, da chi la rifiuta, lotta costantemente, peggiorando le cose e consumandosi prima del tempo alla ricerca di motivazioni sempre insoddisfacenti. Altro mondo parallelo, tra chi è in forze e chi è debilitato dalla malattia e dalla terapia, indipendentemente dall’età anagrafica. Primo salto temporale: anche chi sta mediamente bene, per 10 sedute tutto ok, la 11ma, il giorno dopo non riesci a scendere dal letto. È previsto un bel giro in moto, c’è il sole, “ma” non ce la fa neppure a sollevare un bicchiere e sta divanato tutto il giorno. Il successivo si riprende, però è già ora della seduta successiva, sperando che tutto vada bene e non ricapiti. Chi, invece, è debilitato sempre, mediamente trascorre la sua vita in casa tra fastidi vari, alcuni sostenibili, altri meno. Altro mondo parallelo: chi sta in genere bene, cerca di condurre una vita “normale”: lavorare, amici, un cinema. Già, peccato che molti di coloro che hanno un lavoro, rischiano di perderlo. In tempi di crisi, è più facile e comodo lasciare a casa una persona, che tre volte a settimana non c’è perchè ha la seduta dialitica o si assenta per visite e controlli; sempre più diffuse le vessazioni verso queste persone. Trovarlo, un lavoro, praticamente impossibile, per le stesse ragioni e avere un curriculum spettacolare, conta meno di zero, anzi è un problema per voce stessa degli addetti all’impiego. Per cui, il sostentamento diventa un problema, salvo una misera pensione di invalidità.
Fortunatamente ci sono gli amici! Ha solo due sere a settimana libere e i più “intimi”, carinamente, si organizzano con lui; una sera gli farebbe piacere chessò, la pizzata con il gruppo facebook dei motociclisti, “ma” l’evento è mercoledì sera, non può chiedere a 50-100 persone di spostare la data, quindi ciccia.
Altro mondo parallelo, quello tra il dializzato e le persone “normali”, l’impressione è che nessuno sia in grado di capirlo tranne i suoi simili, ed in effetti è così, fortunatamente la maggior parte delle persone non conosce neppure la parola “dialisi”, e se la conosce, non sa bene cosa sia, basta guardare le facce quando dice “Faccio dialisi”, l’altro ha un punto di domanda stampato in fronte e/o risponde “Ah!”. Quindi, senso di isolamento, un male davvero oscuro che porta molte persone nel baratro della depressione dal quale non riescono più a uscire. Altra dimensione, la famiglia, spesso la prima a non comprenderlo, perchè, ad esempio, per una mamma è durissima accettare la “malattia” del figlio, quindi nella sua testa fa finta che è “normale” o fa parte anche lei delle persone che “non capiscono” e, solo per fare un esempio:
Mamma: vieni a cena?
Dializzato: sì, passo di lì a mangiare
M: cosa ti preparo?
D: quello che vuoi, non stare a sbatterti, sai che mangio cose semplici
M: ti faccio il pollo arrosto con le patate?
D: mamma, pollo va bene, le patate sai che non posso, hanno un sacco di potassio
M: ah, già, scusa, allora con due pomodori in insalata?
D: mamma, stesso discorso delle patate…
M: ah, è vero, allora una bella insalatona mista!
D: mamma lo sai che devo stare attento ai liquidi, e la verdura è tutta acqua…ne mangio un pochino.
M: dài, dopo il pollo un pezzetto di formaggio, quello che ti piace…
D: mamma, sai che devo stare attento al fosforo e i formaggi sono pieni, specie combinati con la carne…
M: ecco non ti va bene niente e ti arrabbi sempre!
D: ok….

Uno dei problemi del dializzato, è l’assunzione di liquidi, la terapia toglie quelli in eccesso non smaltiti che si accumulano nell’organismo tra una seduta e l’altra, viene calcolato un peso detto “secco” che fa da riferimento. Come si calcola questo peso? Ci sono degli esami clinici, che però non danno risultati certi, il metodo più veritiero è legato all’arrivo dei crampi, solitamente ai polpacci, durante la seduta o subito dopo. Metodo un pò “barbaro” ma più sicuro, dicono i medici. Finchè non si prova cosa sia, non si può capire. A volte sono così dolorosi e improvvisi che il dializzato tirerebbe un calcio a chi gli si avvicina. E talvolta sovvengono durante il riposo, specie dopo mangiato, per il lavoro metabolico che porta liquidi verso lo stomaco per la digestione.
Questo processo di bilanciamento idrico è complesso, la macchina toglie i liquidi in eccesso, con un limite di circa 1000ml/ora filtrando in continuo circa 400ml di sangue che rimangono nel circuito per tutta la durata della terapia. Per quanto sopra ad ogni seduta si possono perdere al massimo 3600ml di liquidi. Il punto è che in questo “lavoro” il cuore viene sottoposto ad un “superlavoro” rispetto al naturale, grosso modo gli si chiede di fare in 4 ore ciò che normalmente fa in 24 quindi il “palloncino” si sgonfia e rigonfia più del solito. Più peso si porta, più il cuore è “sotto stress”, quindi è opportuno tra una seduta e l’altra, aumentare il meno possibile. E siccome ciò che pesa e non viene smaltito, sono i liquidi, presenti in ogni cosa che ingeriamo, è importante bere il meno possibile. A titolo di esempio, 100gr di pasta cruda, portano circa 100ml di acqua quando è cotta, il riso 50% in più, una mela, 100-150ml di acqua. L’organismo “evapora” circa 400ml di liquidi al giorno con la sudorazione, messo tutto, le persone che non possono fare attività fisica per varie ragioni, ovvero la maggior parte, non possono bere più di 500ml di liquidi al giorno.
500ml sono niente, tre sorsi seri da una bottiglietta!
Uno dei nemici più duri del dializzato, è la sete, ovviamente. E allora per alleviare l’arsura, specie estiva, si ingegna con le cose più assurde, succhiare cubetti di ghiaccio, lavare i denti più volte al giorno, c’è gente che congela gli spicchi di mandarino!
Ci sono altre conseguenze a questa faccenda dell’assumere pochi liquidi, oltre alla pelle sempre secca, una molto fastidiosa è la stitichezza, ogni “seduta” diventa una specie di parto, e non entriamo in altri particolari.
Ovviamente, le persone “normali” intorno, il problema non ce l’hanno, quindi bevono acqua, birra, bibite, mangiano frutta e verdura, fortunatamente per loro, quanto gli pare. Il dializzato è li di fianco….e non può. Torna immediatamente alla dimensione parallela “malato” anche durante una bella serata, con le conseguenze emotive del caso.
Capita, specie all’inizio, che il dializzato passi vicino a un fruttivendolo, al reparto bevande del supermercato o a una fontanella e si metta a piangere.
Altro dettaglio, i turni di dialisi per rispettare le tre sedute a settimana, si dividono in “corti”, gli infrasettimanali (lun/merc/ven o mart/gio/sab) e il “lungo” ovvero venerdì/lunedì o sabato/martedì, ovviamente nel “lungo” l’attenzione al peso e a potassio e fosforo, sono maggiori. Potassio e fosforo sono tra i nemici del dializzato perchè le persone “normali” espellono gli eccessi con l’urina, il malato quasi sempre è anurico, pertanto niente plin plin, potassio e fosforo restano “dentro” e possono fare gravi danni, quali, per esempio, bloccare i muscoli, tra cui il cuore. Non è carino…
Anche questo fatto di smettere di urinare a seguito dell’insufficenza renale, ha un impatto psicologico molto forte, spesso non considerato. Quella è una delle funzioni naturali dell’essere umano, è uno stimolo ancestrale proprio della vitalità stessa. Smetterlo è come non essere più sè stessi.

Mondi ParalleliTorna alla dimensione “normalità”, fa un giro in moto con gli amici e, seduti a tavola, si parla di meccanica, battute e qualcuno tira fuori: “oh, un bel giro 4/5 giorni per il ponte del Primo maggio? Tenda e sacco a pelo sulle Alpi Marittime Francesi? Belle stradine di curve, ci divertiamo…”
Salto nel mondo parallelo. Il dializzato non può andarci, dovrebbe trovarsi un centro dialisi in zona, prenotare per tempo inviando una serie infinita di esami, compilare dei moduli talvolta in inglese, non è detto ci sia posto e in alcuni paesi extraeuropei deve pure pagarsela profumatamente, anche 1000€ a seduta. Andate voi!

Ci sono poi i dettagli del momento mentre fai la terapia: nel caso di emodialisi, la metodologia più diffusa, è previsto un piccolo intervento che unisce due vene per aumentare il flusso sanguigno che viene richiesto dalla macchina, si crea così quella che viene chiamata “fistola” ovvero l’accesso venoso dove vengono posizionati gli aghi. Ah, caro lettore, non ti ho scritto degli aghi. Ne vengono infilati due, nella vena nuova che si è creata con la fistola, uno posizionato più in alto dell’altro. Diametro dell’ago, solitamente circa 2mm, cosa vuoi che siano 2mm? Provare per credere! Fortunatamente sono molto affilati, comunque il dolore del buco è evidente nelle smorfie più o meno celate dal paziente. La fistola, a seguito dell’aumento di pressione sanguigna, si dice che “trilla”, ovvero emette una vibrazione data dal flusso. Quel “trillo” è il compagno di vita del dializzato, dopo un pò si abitua, lo sente solo di notte. Quel “trillo” è il segno che la fistola è viva, e deve assolutamente esserci. Se smette, significa che la fistola si è chiusa e deve volare all’istante in ospedale per tentare di farla riaprire tramite anticoagulanti o simili. Se non succede, intervento chirurgico immediato per inserire un catetere composto da due tubicini, nella vena suclavia, sotto il collo, che diventa provvisoriamente l’accesso per la terapia in attesa che venga fatto l’intervento per una nuova fistola.
Perchè se non si fa dialisi, si muore.
Segue, che una delle cose da ricordarsi durante il giorno, ogni giorno, è verificare che ci sia il “trillo” toccando la fistola di tanto in tanto. Ci sono persone che per ragioni varie usano sempre il catetere, che ha dei limiti: pericolo di infezioni, difficoltà nel lavarsi, usura, estetica, etc, però sono obbligati perchè non hanno vene idonee a fare la fistola, troppo sottili o di portata insufficiente. Con il tempo la dimensione della fistola, che all’inizio è poco più di una cicatrice, si gonfia e diventa per alcuni come una pallina da tennis, tanto che, specie le donne, le nascondono sotto camicie e maglioni per ovvie ragioni estetiche. Figuratevi chi ne ha più di una perchè le altre si sono chiuse, magari ad entrambe le braccia…
Un’altra cosa che il dializzato non deve mai dimenticare è la terapia farmacologica, chi più chi meno prende una serie di pastiglie per tenere sotto controllo il fosforo, il potassio, la pressione, il colesterolo, gli acidi urici, l’acido folico etc…insomma una dose di almeno una decina di pasticche al giorno ce l’hanno quasi tutti.
Per chi riesce, quasi obbligatorio fare attività fisica, che serve a mantenere in forma il cuore e tutto l’apparato metabolico, importante anche in prospettiva trapianto che va affrontato il più possibile in forze. Tra l’altro fare attività serve anche ad avere un aspetto “tonico”, di uno che “sta bene”. Bello sentirsi dire dal proprio nefrologo: “…guarda questo, non sembra neanche che fa dialisi!”

http://img.medicalexpo.it/images_me/photo-g/aghi-fistole-70729-115011.jpgTornando ai dettagli, una volta posizionati gli aghi dai quali escono i due tubi che vanno nella macchina, uno di emissione e uno di reinfusione del sangue, il dializzato ha quattro ore, qualcuno tre e mezzo, nelle quali se ne sta sul lettino con un braccio fermo, e cerca di trascorrere il tempo. Legge, dorme, dove ci sono guarda la TV, naviga in rete, fa due parole con i vicini o gli infermieri, i più depressi guardano il soffitto con occhio catatonico per tutto il tempo. Se tutto va bene, perchè, ogni tanto può succedere un abbassamento di pressione, un collasso, un’emoragia, i già citati crampi. Finite le quattro ore, gli sfilano gli aghi, sta qualche minuto a tamponare, poi gli mettono due fasce che andranno tolte dopo 6/8 ore per dare tempo ai buchi di chiudersi e, se non perde sangue, se ne va a casa tornando nella dimensione “normalità” fino alla seduta successiva.
In attesa. Di cosa? Forse un giorno farà un trapianto, se sarà fortunato prima, altrimenti poi. Quant’è prima e quanto poi? La media nazionale è circa quattro anni, ma siccome è una roulette con tante variabili di colore, c’è chi aspetta un anno chi dodici, chi non lo farà mai. E non può saperlo prima.
Perchè per dare una dimensione nazionale alla cosa, i numeri raccontano circa di 50.000 persone in dialisi, 20.000 trapiantate, 7000 in lista di attesa, 1500 trapiantate all’anno, 3.000.000 in insufficenza renale cronica e altre 2.000.000 con i primi sintomi. Non male, eh?

Uno dei grossi equivoci è pensare che la dialisi sostituisca la funzione renale, nossignori, fa un lavoro di depurazione di circa il 20%, pertanto con gli anni il corpo del dializzato è più intossicato di quello di una persona normale nello stesso periodo, con conseguente aspettativa di vita ridotta. Altro grosso equivoco, c’è chi pensa che con il trapianto si torni “normali”, non esattamente. Il trapianto innanzitutto ha una sorta di periodo di garanzia, la media di durata è tra i dieci e i quindici anni, a qualcuno dura molto di più a qualcun’altro molto meno, dopodichè si torna in dialisi. Negli anni da trapiantato, si prendono un sacco di farmaci antirigetto, certo oggi più “mirati” ma non esenti da controindicazioni, quali l’insorgenza di tumori, oltre ovviamente, all’obbligo dei controlli periodici per evitare i rischi di rigetto e verificare che vada tutto bene, molto ravvicinati all’inizio poi più distaccati.

Gli capita poi di tanto in tanto, di trovare il Genio della Lampada, che sa lui come risolvere il problema e farlo uscire dalla dialisi: mangia solo verdure, mangia solo vegetali crudi, non mangiare carne rossa, non mangiare latticini, terapia con le onde delta, terapia omeopatica, fiori di bach…e il malcapitato, pur di tirarsene fuori, le prova tutte, senza risultati, salvo il prosciugamento del conto corrente. Dopo un pò si fa un pelo più furbo e inizia a chiedere: “guardi, credo in questa metodologia che mi propone, però non vorrei più fare da cavia, mi fa parlare con qualcuno che è guarito, che è uscito dalla dialisi? Parlare, di persona, non leggere storie su libri, siti…Sa com’è, c’è in gioco la mia vita…”. Oh, spariscono tutti! Una carina è questa, per capire, consulto con uno di questi noti guru da 150€ a visita, dopo le prime domande di rito:
Guru: ah, sì, ho capito perfettamente il suo problema, segua questa dieta crudista e nel giro di poche settimane uscirà dalla dialisi!
Dializzato: ma è sicuro?
G: certamente, stia tranquillo, ripassi tra qualche giorno che le preparo la scheda della dieta e le spiego
D: caspita! Incredibile! Quando ci rivediamo?
G: mah, direi mercoledì prossimo.
D: eh, mi spiace non posso faccio dialisi
G: allora può venerdì?
D: eh, mi spiace faccio dialisi anche venerdì
G: allora il mercoledì successivo
D: le ho detto che il mercoledì faccio dialisi…
G: ah, ma io pensavo la facesse ogni 15 giorni….
D: grazie, le faccio sapere. Arrivederci.
(Per capire, la dialisi è obbligatoria tre volte a settimana, qualche fortunato ne fa due, qualche sfortunato in momenti difficili anche ogni giorno)
Questo non sapeva neanche cos’è la dialisi, ed è considerato un luminare, profumatamente pagato, pensa un pò cosa può fare il “credere” in qualcosa, questa sì sarebbe una frontiera da studiare!
Fortunatamente ci sono anche medici e infermieri eccezionali che svolgono il loro lavoro con coscienza, senza i quali il dializzato non potrebbe vivere e ai quali va tutta la gratitudine possibile, sono gli Angeli Custodi del malato.

Non è pensabile che quanto scritto sopra non porti strascichi di carattere psicologico che hanno riscontri in tutti gli ambiti della vita.
In tutto questo, il dializzato cerca con una forza a volte commovente, sempre degna di ammirazione, di vivere nel mondo parallelo chiamato “normalità”, dove spesso si sente dire cose tipo “poverino, pensa alla salute”, “beato te che vai a riposarti 4 ore”, “ognuno ha la sua croce” o, peggio, “non essere patetico”, poco importa il contesto. Quindi immaginate che effetto fa quando incontra qualcuno, non al corrente della situazione, che gli dice “sai che ti trovo proprio bene?”. Una gioia infinita!

Ho avuto il privilegio di conoscere dializzati che sono persone meravigliose, sempre sorridenti, disponibili ad aiutare gli altri anche a scapito di sè stessi, pronti a guardare avanti, anche nei momenti più duri, durante ricoveri per problemi gravissimi in pericolo di vita! Certo, magari suscettibili su certe cose, specie la mancanza di sensibilità, ma ne hanno ben donde….
Non a caso i dializzati vengono chiamati “Guerrieri”.

Ringrazio ogni giorno per avere l’opportunità di questa esperienza che mi ha permesso di comprendere meglio che cosa è che cosa.
Vi abbraccio e sono grato per avere avuto la pazienza di leggere fino quì.

Carlo Cattaneo

6 commenti

  • Giovanna ha detto:

    Grazie di aver raccontato la nostra vita, spero che in tanti la leggono anche se a capirlo e solamente chi vive il disagio. Grazie , giovanna

  • Felice ha detto:

    Già come dice Giovanna purtroppo solo chi la vive in prima persona può capire cosa significa vivere da dializzato …però noi siamo
    guerrieri e niente e nessuno ci può fermare …basta volerlo.

  • Anna cuviello ha detto:

    Sono la moglie di un “guerriero” che ha perso anche il suo lavoro. Viviamo e combattiamo anche se siamo diventati un po’ tutti schiavi di quel macchinario infernale.

  • Chiara ha detto:

    Combattere sempre … poi fidati che a volte c’è anche qualche “normale” che capisce e che continua a volervi bene. Nonostante tutto. Chiara (la moglie di un tuo amico dializzato)

  • Cinzia ha detto:

    I falsi miti è così che nascono!
    Sono arrabbiata e sono la compagna di un emodializzato.
    Nella coppia, nella “famiglia” adesso esiste solo l’emodializzato?
    Più m’immergo nella routine della malattia e più mi sembra un male di vivere. Vivere male i sentimenti e il rispetto per gli altri. Mancanza di coraggio, cari guerrieri, perché non vi siete accorti prima che ogni giorno è una lotta per tutti anche per quelli che sembrano normali!
    Sono arrabbiata, nonostante l’autenticità di tutto quello che è scritto nel testo qui sopra. Il mondo dovrebbe girare intorno a voi adesso? Oppure serve un po’ di umiltà e forza di carattere per ribellarsi a quello che altri vi impongono. L’attività fisica è fondamentale, è una considerazione davvero banale e per qualsiasi persona. Si doveva mangiare e bere sempre bene. Si lo so che ci sono patologie, che ci sono disfunzioni genetiche che portano alla dialisi.
    Sarà che per il mio compagno non è stato così… per questo sarò arrabbiata e a torto.
    Io sono sorda, sono diventata sorda a vent’anni, lui non mi comprende, non si è interessato per conoscere le mie difficoltà. Ma adesso io mi sono laureata a 40 anni, ho un ottimo lavoro da 10 anni… Io ci sono e combatto…. voi siete sicuri di essere guerrieri?
    Sono molto molto molto arrabbiata!

    • Ruggero ha detto:

      Ciao, io sono un dializzato che la pensa come te. Sono sposato ed anche io ho fatto pesare a mia moglie la mia situazione. Sto cercando di cambiare perché io penso che la realtà sia una e non due anche se è romanticamente più bello da scrivere. Ci siamo tutti nella stessa vita, e fortunatamente la posso vivere proprio grazie alla macchina che mi depura il sangue. Ho un figlio ma le uniche mancanze sono dolo i tre giorni in cui dializzo e quindi la sera non riesco ad alzare un piatto. Prima di entrare in ospedale non mi fermo quasi mai coi miei compagni perché mi fanno incavolare, sono sempre a lamentarsi, io lavoro, vivo, e mi sento proprio fortunato ad avere una moglie come ho. Capisco che io sono giovane e magari una persona anziana che non si alza mai, la vive in modo diverso da me, ma è anche vero che io la vita che ha fatto lui non la farò mai. (Nel senso di età)
      Però come consiglio ti dovrei suggerire di non arrabbiarti, che tanto non serve, ma di parlare con qualche professionista serio.
      Un saluto.

Rispondi